25 APRILEANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE-Cenni storici- Liberazione.Questa semplice parola, per chi ha vissuto quegli anni, significa non un momento, ma un insieme di avvenimenti che hanno portato alla fine del più mostruoso degli incubi conosciuto dall’umanità: il nazifascismo.In tutti questi anni tanti protagonisti, testimoni di quegli orrori, sono scomparsi con la speranza, spesso caduta nel nulla, che uomini, organizzazioni ed istituzioni trasmettessero alle generazioni più giovani gli ideali e i valori che li avevano spinti a lottare per un mondo migliore.Senza pretendere di esaurire il problema di una conoscenza approfondita della seconda Guerra Mondiale è comunque utile ricordare il susseguirsi degli avvenimenti culminati nella Liberazione.Il 1° settembre del ’39 Hitler invade la Polonia. Francia e Inghilterra, vincolate con questa da un patto di assistenza, dichiarano guerra alla Germania.Di fatto però, sul fronte occidentale, all’inizio regna una relativa calma. Hitler ne approfitta e con un’azione-lampo occupa la Norvegia e la Danimarca. Può in seguito scatenare le sue truppe contro la Francia; per aggirare le fortificazioni francesi della Linea Maginot invade, violandone la neutralità, il Belgio, l’ Olanda e il Lussemburgo,L’esercito francese e il corpo di spedizione inglese accorso in suo aiuto sono travolti in pochi giorni e il 22 giugno del ’40, le truppe di Hitler sfilano in parata sotto l’ Arco di Trionfo di Parigi.L’Italia fascista, legata alla Germania da un patto di alleanza, dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra, passando tristemente alla storia per aver pugnalato alle spalle una nazione ormai vinta.Mussolini, affascinato dall’invinà di Hilter, ritiene prossima la vittoria tedesca, per cui “gettare sul tavolo delle future trattative qualche migliaio di morti” gli avrebbe dato il diritto di partecipare alla spartizione del bottino.Gli avvenimenti prendono una piega diversa da quella immaginata. Dopo i successi iniziali, le armate di Hitler cominciano a segnare il passo su tutti i fronti e verso la fine del ’42 e i primi mesi del ’43, con la resa della Sesta Armata tedesca a Stalingrado e con la battaglia di El Alamein, inizia la disfatta nazifascista.Nel giugno del ’43 le truppe alleate iniziano la campagna d’Italia, occupando la Sicilia.Intanto, il 24 luglio del ’43, durante una riunione del Gran Consiglio del fascismo, viene approvato a grande maggioranza l’ordine del giorno Grandi, che prevede di affidare al re la direzione della guerra, esautorando di fatto Mussolini dalle funzioni sino ad allora esercitate.Il giorno dopo, il 25, Mussolini viene arrestato durante una visita a Vittorio Emanuele III che affida il governo al Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.Grandi le manifestazioni di giubilo in tutta l’Italia per la caduta del Fascismo e nella speranza di arrivare alla pace, nonostante Badoglio, per tranquillizzare l’alleato tedesco, dichiari, nel suo proclama agli italiani che “La guerra continua”.Sono in atto invece trattative con gli Anglo-americani per arrivare all’armistizio, che sarà ufficializzato l’8 settembre del ’43.Il 9 settembre il re, la sua famiglia, i principali componenti del comando militare e del governo, abbandonano Roma per Brindisi, lasciando l’esercito senza ordini precisi.I tedeschi, che il 25 luglio sono presenti in Italia con 3 divisioni, approfittano di questo lasso di tempo per aumentarne il numero, portandole a 18. In poco tempo le truppe tedesche dilagano dal Brennero nelle principali città italiane e si impadroniscono dei punti strategici della Penisola.É l’occupazione.Mussolini, liberato dai tedeschi dalla prigione di Campo Impesul Gran Sasso, annuncia di avere ripreso la direzione del Fascismo in Italia e qualche giorno dopo, a Rocca delle Caminate, nei pressi di Predappio, tiene la prima riunione del governo fascista con l’insediamento dei vari ministeri sul Lago di Garda. Nasce così la Repubblica Sociale Italiana. La ResistenzaLa Resistenza politica e sociale, iniziata già nel 1919 al sorgere del Fascismo, dopo l’8 settembre del ’43 diventerà anche Resistenza armata. Numerose formazioni partigiane, di diverso orientamento culturale e politico si insedieranno sul territorio italiano.Interi reparti dell’esercito si rifiuteranno di continuare la guerra a fianco dei nazifascismi subendone terribili rappresaglie; come terribili saranno le rappresaglie sulle popolazioni civili.Al momento della Liberazione si conteranno decine di migliaia le persone cadute per essersi opposte in qualche maniera alla dittatura; i loro nomi si affiancheranno a quelli più noti di Giacomo Matteotti, don Giovanni Minzoni, Giovanni Amendola, Antonio Gramsci, Piero Gobetti...I partiti antifascisti, usciti dalla clandestinità dopo l’arresto di Mussolini, si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale per guidare la Resistenza e dare all’Italia un ordinamento democratico.I Comitati di Liberazione sono la più grande esperienza resistenziale europea: i loro componenti, messi da parte ogni individualismo, ogni ideologia, indirizzano ogni sforzo contro il nemico comune: l’occupante tedesco e il gregario fascista.Nei Comitati di Liberazione Nazionale (CLN) lottano fianco a fianco i rappresentanti dei vari partiti: monarchici, repubblicani, comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali; insieme cercano di promuovere la presa di coscienza e la partecipazione attiva della popolazione.É emblematico come, nell’aprile del ’44, a Torino, vengano fucilati 8 membri del Comitato Militare: il monarchico accanto al repubblicano, il liberale accanto al comul’ufficiale superiore accanto al professore universitario e all’operaio.I primi partigiani saliti in montagna erano antifascisti di sempre, sbandati dell’esercito sfuggiti alla cattura tedesca, giovani che non avevano mai sentito parlare di politica se non del fascismo, ma che, istintivamente, hanno individuato nei nazifascisti il vero nemico.A riprova dell’atteggiamento unitario, a fronte dei tre proclami di altrettanti movimenti resistenziali francesi affissi nei giorni della Liberazione a Parigi, a Milano – ricorda Ferruccio Parri – vi era un solo manifesto firmato dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI).Si organizzano scioperi nelle fabbriche, la renitenza ai bandi di arruolamento, le sottrazioni di generi alimentari agli ammassi, l’assistenza alle famiglie dei partigiani, l’aiuto agli ebrei perseguitati, l’assistenza ai prigionieri alleati evasi dai campi di concentramento, i rifornimenti alle formazioni partigiane. Resistenza degli internatiNon si parla spesso di un altro tipo di Resistenza, quella condotta dai soldati italiani che nei giorni di settembre del ’43 si trovano dislocati sui vari fronti di guerra.Circa 650.000 militari e 15.000 ufficiali vengono catturati e internati in Germania: quelli che tentano di resistere sono uccisi sul posto, un esempio per tutti è quello della Divisione Acqui, che a Cefalonia subisce il massacro di 9.000 uomini.I campi destinati agli italiani, in Polonia e in Germania, erano i peggiori, erano quelli che la Croce Rossa Internazionale aveva dichiarato inabitabili. I tedeschi li avevano destinati ai russi, che essi consideravano subumani, accomunandovi in tal modo anche gli italiani.Sarebbe bastato alzare un dito, aderire alla Repubblica Sociale Italiana e il rientro era assicuratoMolti altri riescono a raggiungere le formazioni partigiane in Albania, Grecia, Jugoslavia, proseguendo la lotta con queste unità fino alla Liberazione.Mussolini aveva dichiarato che si sarebbe vergognato se non avesse potuto reclutare per l’esercito della Repubblica Sociale Italiana almeno 20.000 volontari tra i militari internati. Ebbene, Mussolini si dovette vergognare, perchè oltre il 95% rifiutò, pur in condizioni di paura, di fame. di freddo, di morte, di rimettersi al servizio del nazifascismo.Da cosa proveniva questo rifiuto massiccio del fascismo?Non bastava più la martellante e quotidiana propaganda del regime per giustificare* L’ aggressione alla Francia e le disastrose campagne militari di Grecia, Russia e Africa;* il comportamento dei militari tedeschi, che scortavano le tradotte stipate di ebrei, vecchi, donne, bambini.La solidarietà con gli altri prigionieri provenienti da tutta l’Europa e il desiderio di poter tornare a far parte della grande famiglia dei popoli europei, dalla quale ci aveva estraniati il fascismo, indusse i militari internati a stabilire un rapporto fra il loro rifiuto e la Resistenza armata in Italia. Il sapere che in Italia si combatte contro il nazifascismo rinvigorisce la lotta e la determinazione degli internati.Il 27 marzo ’44, in un documento, il CLNAI esprime la sua solidarietà e ammirazione per gli internati, che “in una suprema affermazione di dignità e di fierezza” hanno voluto negare ogni collaborazione al nemico. Solidarietà e ammirazione “che è solidarietà dei liberi e degli onesti di tutto il mondo”.Non si può non essere d’accordo con Giorgio Bocca quando chiama la non adesione e la non collaborazione degli internati “l’altra faccia della Resistenza, la meno nota, ma non la meno importante, perchè ebbe rilievo anche nel determinare la scelta dello schieramento per migliaia di italiani: padri, madri, sorelle degli internati”. L’inè parte integrale della Resistenza perchè ne ha condiviso gli ideali e i fini, perchè ha combattuto per i medesimi obiettivi. Resistenza delle truppe regolariAccanto alla Resistenza partigiana, alla Resistenza degli internati, nasce la Resistenza delle truppe regolari italiane, che erano rimaste al Sud dopo l’8 settembre: sono le truppe della Marina e dell’Aviazione, che avevano potuto raggiungere i territori liberati con i propri mezzi e le quattro divisioni che, per essere dislocate in Sardegna e in Corsica, si erano salvate dal tracollo generale.Gli Alleati dapprima declinano la nostra offerta di scendere in campo. Non vogliono avere debiti di riconoscenza che sarebbero pesati sul futuro trattato di pace. È la visione di Churchill che, sul finire del ’43, alla richiesta di Parri di aiuti alla Resistenza italiana, comunica a Roosvelt che “sarebbe stato estremamente spiacevole per i conquistatori vittoriosi trovarsi con le mani legate ad opera di una parte della popolasconfitta”.Poi ci consentono di andare al fronte col Primo Raggruppamento Motorizzato di 5.000 uomini, che conquista Montelungo, suscitando l’ammirazione degli Alleati. Il Corpo Italiano di Liberazione, alla fine della guerra conterà 350.000 uomini.Le Forze Armate Italiane regolari risalgono la Penisola combattendo a fianco delle Forze Armate alleate. Molte città hanno la sorpresa di essere liberate da truppe italiane.Possiamo ben dire che la Resistenza fu la lotta di tutto un Popolo, spinta sino al sacrificio della vita.Lo testimoniano questi dati:militari deportati in Germania 635.000, di cui 35.000 morti e 19.200 dispersi;militari morti combattendo contro i tedeschi in Italia e nei Balcani 56.984;civili uccisi per rappresaglia 10.000;condannati politici e ebrei italiani deportati in Germania 43.000, di cui eliminati 40.000;partigiani e civili fucilati o impiccati dai fascisti 11.687;- partigiani caduti in combattimento 55.000;- partigiani feriti 183.000;- medaglie d’oro 269, di cui 18 a donne, 17 a ragazzi sotto i 18 anni, 9 a sacerdoti;- medaglie d’argento 750;- medaglie di bronzo 500;- croci al valor militare 500.Sono passati gli anni.Anni di storia della Repubblica Italiana, di conquiste sociali, di omissis, di deviazioni più o meno pilotate da parte dei Servizi Segreti, di faticosa attuazione della Costituzione, che affonda le sue radici proprio nella Resistenza.Oggi viviamo una fase ancora più difficile della storia del nostro Paese: in questi anni si è progressivamente affievolita la tensione morale che animava i protagonisti della lotta di Liberazione. Forze politiche hanno volutamente contribuito a corrompere il senso civico e morale della società. Strati sempre più numerosi di cittadini hanno perso la visione dell’interesse generale, sostituendola interessi particolari prontamente sostenuti da soggetti che tentano di accreditarsi come il Nuovo sulla scena politica.Non erano queste le aspirazioni dei Combattenti per la Libertà, efficacemente riassunti nel pensiero di Teresio Olivelli, morto in un lager nazista: “La nostra rivolta non data da questo o quel momento, non va contro questo o quell’uomo, non mira a questo o quell’altro punto del programma: è rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concedel mondo”. Preghiera del Ribelle“Signore facci liberi.Signore, che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa, a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele, che in noi e prima di noi ha calpestato Te,fonte di libere vite,dà la forza della ribellione.Dio, che sei Verità e Libertà,facci liberi e intensi,alita nel nostro proposito,tendi la nostra volontà,moltiplica le nostre forze,vestici della tua armatura.Noi ti preghiamo, Signore.Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocefisso,nell’ora delle tenebre,ci sostenti la tua vittoria,sii nell’indigenza viatico,nel pericolo sostegno,conforto nell’amarezza.Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario,facci limpidi e diritti.Nella tortura serra le nostre labbra.Spezzaci, non lasciarci piegare.Se cadremo, fa che il nostro sangue si unica al Tuo innocentee a quello dei nostri Mortia crescere al mondo giustizia e carità.Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita”rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa.Liberaci dalla tentazione degli affetti:veglia Tu sulle nostre famiglie!Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni, noi ti preghiamo:sia in noi la pace che Tu solo sai dare.Dio della pace e degli eserciti,Signore che porti la spada e la gioia,ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.Teresio Olivelli Tutti coloro che sono morti opponendosi alla sopraffazione, alla discriminazione, al razzismo, saranno morti invano se i principi di libertà, solidarietà, cooperazione, giustizia sociale, convivenza civile non torneranno ad improntare il nostro vivere quotidiano.
LE RADICI DELLA COSTITUZIONE
Pietro Calamandrei
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
PERCORSI PROPOSTI
1. Pezzo - Case di Viso
2. Mortirolo
3. Losine - Cerveno
4. Lozio - Monte di Cerveno
5. Borno - Pratolungo
6. Bassinale
7. Sentiero F. Troletti (clicca qui per la descrizione del sentiero)
1 Case di Viso (Ponte di Legno)
* 16 ottobre 1944: eccidio di un partigianvo garibaldino e di 5 civili (vedi Percorsi della Costituzione)
2 Mortirolo (Monno)
* primavera 1945: battaglie del Mortirolo (vedi Percorsi della Costituzione)
3 Aprica (Corteno Golgi)
* 17 novembre 1944: uccisione del colonnello Raffaele Menici
4 Sonico
* 9 settembre 1943: requisizione di armi e munizioni della polveriera per rifornire il gruppo del comandante Romelli Luigi (Bigio), costituitosi il giorno 8 settembre e riconosciuto come appartenente alla 54a. Brigata d’assalto Garibaldi il 13 ottobre 1943
* 12 maggio 1944: trafugamento di armi ed esplosivi dalla polveriera
* 30 giugno 1944: uccisione in Val Malga di Troletti Franco
* 25 luglio 1944: prelievo di dinamite dalla polveriera
* 13 settembre 1944: attacco al presidio della polveriera
5 Valsaviore
* 1 luglio 1944: assalto al presidio fascista della centrale di Isola durante il quale muore il partigiano Luigi Monella
6 Cevo
*19 maggio 1944: a Musna vengono sterminati Monella Giovanni Daniele, la moglie Maria, la figlia Maddalena e Belotti Francesco
* 3 luglio 1944: In risposta all’intensa attività partigiana in Valsaviore 2000 nazifascisti prendono d’assalto l’abitato. I 17 partigiani, presenti in paese per il funerale di Luigi Monella caduto a Isola, sostengono l’assalto.
Nella battaglia muore il partigiano garibaldino Polonioli Domenico (Ferro). Vengono inoltre passati per le armi 5 civili inermi.
L’incendio di rappresaglia provoca la distruzione di 151 case e la rovina di altre 48; i senzatetto sono 800
7 Capo di Ponte
* nella notte tra il 29 e il 30 giugno 1944 i partigiani Fiamme Verdi di Giacomo Cappellini attaccano e disarmano il presidio della G.N.R. di stanza presso le scuole elementari ottenendo un corposo bottino di armi e munizioni.
8 Cerveno
* 5 ottobre 1944: eccidio in località Sendini (vedi Percorsi della Costituzione)
9 Lozio
* 21 gennaio 1945: ferimento e cattura di Giacomo Cappellini (vedi Percorsi della Costituzione)
10 Breno
* 25/26 giugno 1944: durante l’assalto alle carceri di Breno viene liberata una staffetta e 14 giovani renitenti alla leva
11 Bienno
* 10 ottobre 1944: nei pressi di Novali viene uccisa la staffetta Achilla Maria Morandini detta Maria Pelesa di 33 anni
* 16 ottobre 1944: viene ritrovato sulla riva del torrente Grigna il corpo del partigiano Giovanni Nodali di Esine (gian Tofanì detto anche Bogia) ucciso cinque giorni prima
12 Pratolungo (Borno)
* 8 dicembre 1943: battaglia di Pratolungo (vedi Percorsi della Costituzione)
13 Campelli (Gianico)
* 24 giugno 1944: eccidio (vedi Percorsi della Costituzione)
14 Bassinale (Artogne)
* 24 giugno 1944: eccidio (vedi Percorsi della Costituzione)
Pezzo-Case di Viso
PEZZO-CASE DI VISO
Il percorso si sviluppa per circa 3 km, con partenza da Pezzo (frazione di Ponte di Legno), su una strada asfaltata quasi pianeggiante e raggiunge la suggestiva località con le caratteristiche Case di Viso.
Nei prati circostanti sono visibili le testimonianze che ricordano i fatti del 1944.
Per il ritorno si segue la Tonalina, sul versante sinistro dell’Oglio Arcanello.
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Dop l'8 settembre 1943 anche a Pezzo un gruppo di giovani renitenti alla leva si rifugia sulle montagne.
I ragazzi, non ancora ventenni, passano l'inverno in alta quota in condizioni veramente precarie.
Nella primavera 1944 il gruppo si trasferisce nella Valle di Viso sotto i piani di Ercavallo, ritenuti più sicuri e si procura delle vecchie armi da guerra per prepararsi a resitere.
Aderisce alla 54a brigata d'assalto Garibaldi.
Il 14 ottobre, nella zona del Tonale, viene ferito e catturato, da una formazione partigiana delle Fiamme Verdi, un soldato tedesco; il prigioniero viene affidato al gruppo garibaldino di Pezzo. In risposta, il 16 ottobre, viene scatenato un rastrellamento tedesco che interessa tutta l’alta Valcamonica con persecuzioni e ruberie, culminate nell’eccidio di Case di Viso. Le vittime sono sei, un partigiano e cinque civili che si trovano all’alpeggio: Faustinelli Cipriano, Faustinelli Dario, Faustinelli Martino, Maculotti Giovanni, Maculotti Matteo, Zuelli Celestino.
Bibliografia per approfondimenti:
Giancarlo Maculotti, Case di Viso, Circolo Culturale Gislandi, Lineagrafica, Boario Terme 2003
Mortirolo
Da Monno si imbocca la strada per il Mortirolo, giungendo in autobus fino al ponte Palù. Si prosegue a piedi sulla strada principale, passando a fianco della chiesetta di S. Giacomo, fino all’Albergo Alto dietro il quale inizia il percorso segnalato che porta all’originario passo del Mortirolo e alle trincee del dosso Signeul e quindi alt passo della Foppa, sulla strada principale. Da lì si scende fino al lago e proseguendo sul sentiero della Resistenza si ritorna a S. Giacomo.
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Il Mortirolo si prestava molto bene all’attività partigiana, anche perché ospitava ancora le fortificazioni della Prima guerra mondiale.
Il 22.2.1945 reparti della Legione Tagliamento attaccano le postazioni partigiane nell’intento di distruggerle, ma dopo una giornata di combattimento i fascisti sono costretti a ritirarsi.
Il 27 febbraio i fascisti lanciano all’assalto del Mortirolo 300 uomini, ma sono nuovamente respinti con gravi perdite.
Il 20 marzo, sotto la minaccia di un nuovo rastrellamento fascista, l’intera brigata Schivardi, comprendente circa 220 effettivi, è costretta a salire nuovamente in Mortirolo.
Il 10.4.1945 ha inizio l’ultima battaglia del Mortirolo che impegna 3 battaglioni e 2 compagnie di camicie nere più un reparto di SS tedesche per un totale di 2000 uomini. Partiti da quattro direttrici, questi reparti dovevano convergere sul Mortirolo da vie diverse. Le Fiamme Verdi, sostenute da lanci di armi e viveri degli Alleati, respingono i numerosi assalti e il 1° maggio, quando già tutta la pianura Padana è liberata, possono scendere a valle scacciando i fascisti superstiti.
Durante la guerra di Liberazione caddero nella zona Luigi Calvi, Mario Gazzoli, Ersilio Manciana, Bortolo Fioletti, Giuseppe Algieri e il comandante Luigi Tosetti.
Bibliografia di approfondimento:
Dario Morelli, La montagna non dorme, Morcelliana, Brescia 1968.
Gianni Guaini (Giorgio), La mia guerra partigiana, Lineagrafica, Boario Terme 1999
Losine - Cerveno
Da Losine, percorrendo a piedi la pista ciclabile per 2 Km, si raggiunge il monumento “La porta del silenzio” (opera di Franca Ghitti) nella piazza di Cerveno. Da lì sulla strada per il rifugio Concarena, dopo circa 1 Km, si trovano le lapidi che ricordano gli avvenimenti. Per il ritorno si scende sulla stessa strada per circa 300 m e si imbocca la prima strada sterrata a destra che riconduce a Losine.
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Un gruppo di partigiani FF.VV. del settore C8 è accampato in località Sendini, ai piedi della Concarena, sopra Cerveno. Il 5 ottobre 1944 è un giorno di nebbia e di pioggia e ciò facilita ai numerosi tedeschi l’avvicinamento e permette loro di portarsi ad una distanza utile per l’uso della armi automatiche prima di essere avvistati. La sentinella però riesce a dare l’allarme poco prima dell’inizio della sparatoria. La situazione è molto precaria anche per l’assenza del Comandante Cappellini, impegnato in azioni di sabotaggio a Cividate. La squadra cerca di salire verso il monte Concarena, anche per difendere un deposito di armi e di viveri posto tra le rocce. Due partigiani cadono sul posto: Gian Maria Bazzoni di Cerveno e Pio Battocletti, trentino, laureando in medicina e medico del gruppo. Sono fatti prigionieri Giuseppe Cattane di Cemmo, Martino Guarinoni di Cerveno, Lorenzo Pelamatti di Breno e Raimondo Albertinelli residente ad Angolo. Dopo otto giorni di atroci sofferenze morali e materiali, i quattro vengono costretti a scavarsi la fossa e fucilati: il Cattane al cimitero di Breno e gli altri tre a quello di Darfo. Al Cattane fa da compagno nella tragica fine un altro partigiano del C8, Antonio Salvetti di Breno, arrestato mentre ritornava a casa per salutare la mamma malata dopo aver partecipato alla missione notturna del comandate Cappellini.
Bibliografia per approfondimenti:
Daniele Venturini, Giacomo Cappellini e la Resistenza in Valle Camonica, El Carobe, Esine 2007.
Lozio-Monti di Cerveno
Da Sommaprada si procede a piedi fino alle case del Monte di Cerveno.
Proseguendo a sinistra si raggiunge la chiesetta di S. Cristina da dove si ridiscende a Sommaprada. Da lì ci si può portare a Laveno sui luoghi della cattura di Giacomo Cappellini.
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Il Comandante del Gruppo C8, Giacomo Cappellini, Il Maestro, opera nella zona di Cerveno, Lozio e Losine. Il sabato 20 gennaio 1945 con Carlo Sandrinelli, Camara, di Cividate, il Comandante arriva a Laveno alla locanda della signora Vittoria dove intende pernottare per recarsi il giorno successivo in Val di Scalve per una missione. La domenica 21 gennaio alle 6 di mattina durante la celebrazione della messa si crea un fuggi fuggi generale perché è stata avvistata una colonna di fascisti che sale da Malegno. La signora Vittoria esce da chiesa e riesce ad avvisare Cappellini che si getta prontamente verso il sentiero che porta a Losine, non sospettando che una colonna di fascisti salga anche da là. Cappellini riesce a proteggere Camara che scappa, ma viene ferito al braccio destro e all’addome e catturato. Caricato su un carro è trasportato alle carceri di Breno e da lì, dopo una settimana, portato al Castello di Brescia. Nonostante percosse e torture riesce a non compromettere il suo Gruppo e ordina che nessuno dei suoi partigiani si offra in cambio della sua liberazione. Viene fucilato il 24 marzo 1945, un mese prima della Liberazione, dopo aver perdonato i suoi carnefici. Ci resta la testimonianza della sua forza morale nelle lettere che clandestinamente ha potuto far recapitare ai familiari.
È medaglia d’oro della Resistenza.
Bibliografia per approfondimenti:
Daniele Venturini, Giacomo Cappellini e la Resistenza in Valle Camonica, El Carobe, Esine 2007.
G. Cappellini jr. – M. Franzinelli, Alla Mirabella, Grafo, Brescia 2003.
Borno-Pratolungo
Raggiunta da Borno Croce di Salven, si scende appena oltre Case Gialle e si imbocca a sinistra una strada in direzione Prave. Arrivati al nucleo di case, si prende a sinistra per la Val Sorda. Il sentiero sale fino a due pozze d’acqua. Da lì si prende a destra il sentiero per la malga Guccione di Pratolungo recentemente restaurata dagli alpini e adibita a rifugio e bivacco. Un cippo ricorda la battaglia (la prima della Resistenza camuna), la cattura e l’uccisione dei partigiani. Per il ritorno, ai laghetti si prende il sentiero sul versante destro della Val Sorda che si ricongiunge alla strada asfaltata al passo di Croce di Salven.
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La battaglia di Pratolungo: 8 dicembre 1943
Il tenente colonnello Farruccio Lorenzini costitusce una delle prime formazioni di ribelli bresciani che si stabilisce nei pressi di Polaveno, tra la Valtrompia e la costa bresciana del lago d’Iseo. Nei primi giorni di dicembre 1943, a seguito della battaglia di Croce di Marone (9 novembre 1943), un gruppo di 25 uomini si trasferisce in Valcamonica con l’incarico di costituire il battaglione “Valcamonica”.
L’8 dicembre, attraversato Darfo, il gruppo raggiunge le cascine di Pratolungo, nella zona di Terzano. Lì, nel pomeriggio dello stesso giorno, viene accerchiato dalle Brigate Nere, 150 uomini, guidate da spie locali. Nel combattimento, durato circa due ore, cinque partigiani vengono uccisi e quattordici catturati. A questi vanno aggiunti altri cinque uomini arrestati a Darfo nei giorni immediatamente successivi come membri dello stesso gruppo partigiano. Muoiono a Pratolungo Alessandro Cavalli, Mario Voltolini, Henrik Stefancic, Ivan e Stefano, combattenti sovietici che si erano uniti ai partigiani italiani. Viene ferito in loco Armando Pollastrelli. Il comandante del gruppo, colonnello Lorenzini, condotto a Darfo, viene pubblicamente bastonato insieme ai suoi compagni. Legato mani e piedi è messo alla berlina sulla pubblica piazza e quindi accompagnato dal Municipio alla Casa del Fascio tra gli scherni e i colpi soprattutto dei fascisti locali. I prigionieri vengono poi trasferiti a Brescia il 10 dicembre dove vengono nuovamente esposti ad insulti prima di essere rinchiusi nelle prigioni del Castello.
Il 31 dicembre il Tribunale Militare Straordinario, convocato d’urgenza, condanna dieci persone di cui quattro a morte e altre a più anni di carcere militare. All’alba di sabato 1 gennaio 1944 vengono fucilati il ten. col. Ferruccio Lorenzini, Giuseppe Marino Bonassoli, René Renault, Kostantinos Jorgiu.
Ferruccio Lorenzini è stato insignito della medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
Bibliografia per approfondimenti:
Comune di Darfo Boario Terme, BIM, Comunità Montana di Valle Camonica, 40° anniversario della Battaglia partigiana di Pratolungo di Terzano, editrice Aperion, Brescia 1984
Bassinale
Da Piancamuno si sale con l’autobus fino a Plan di Montecampione.
Il percorso a piedi, inizia in Bassinale dal luogo dell’eccidio e si sviluppa in discesa, con un dislivello di circa 300 m, fino alla malga Campelli di Gianico. Il percorso di andata-ritorno è di circa 2,30 ore.
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Il primo nucleo di resistenza in Artogne si costituisce già nel mese di ottobre del 1943 attorno al tenente Rolando Petrini, studente univer-sitario di Siena, ed ai suoi aiutanti Santo la Corte, Lorenzo Lorenzetti, Mario Ravelli Damioli, aderendo alle Fiamme Verdi e ricevendo il sostegno del curato don Ernesto Belotti.
Per questo il curato, denunciato da una spia dell’OVRA, sarà imprigionato a Brescia.
Nell’inverno ’43/’44 il gruppo si trasferisce sul monte Muffetto di Artogne.
Nel gennaio del 1944 Rolando Petrini viene arrestato a Milano dalla polizia fascista, incarcerato a Fossoli e deportato nel Lager di Mauthausen dove morirà il 21 aprile 1945.
Il comando del Gruppo del Muffetto viene assunto dal partigiano più anziano Lorenzo Lorenzetti con la collaborazione di Luigi Macario.
I monti di Artogne sono fatti oggetto di frequenti rastrellamenti che si accompagnano all’uccisione di civili inermi.
Il 22 giugno del 1944 la squadra delle FF.VV. dislocata in Bassinale sorprende una pattuglia di tedeschi in perlustrazione, ingaggia un conflitto a fuoco costringendoli a fuggire.
Il giorno successivo la formazione si sposta alla cascina della malga Campelli, sopra Gianico per poi dirigersi in Val di Fra, ritenuta più sicura. Rimangono alla cascina di Campelli tre partigiani che pernottano insieme ad Antonio Cotti Cottini, pastore del posto.
La mattina del 24, in seguito ad un’imboscata, gli occupanti della cascina sono colti di sorpresa: Antonio Lorenzetti (nome di battaglia “Tone” di appena 19 anni) riesce a fuggire, Giacomo Marioli viene ucciso sul posto, Battista Pedersoli e Antonio Cotti Cottini, condotti in Bassinale, vengono crudelmente torturati e fucilati.
Durante l’estate del ’44 la lotta partigiana si intensifica.
Si succedono sabotaggi e assalti alle caserme. Antonio Lorenzetti partecipa a tutte le imprese, incaricato di eseguire un sabotaggio alla linea ferroviaria nella località Ruch di Artogne, viene ferito e catturato.
A Darfo viene interrogato, seviziato e torturato e il 28 luglio 1944 viene fucilato davanti alla casa del fascio.
Per onorare il suo sacrificio la formazione partigiana, operante da Pisogne a Darfo e comprendente 150 uomini suddivisi in vari gruppi, prenderà ufficialmente il nome di Brigata Lorenzetti.
Bibliografia per approfondimenti:
Andrea Garatti- Ernesto Andreoli, dai ricordi di guerra un pensiero di pace, Gruppo Alpini di Artogne, Lineagrafica, Boario Terme 2003
Tipografia Quetti, Artogne 1986
Formazioni partigiane
FIAMME VERDI
Dopo le prime riunioni tenutasi nei mesi di settembre e ottobre 1943 a Corteno, Cividate e Darfo, il 19 novembre Romolo Ragnoli, inviato da Brescia in Valle Camonica come ispettore del CLN, prepara il primo piano di organizzazione della Resistenza camuna, suddividendo la valle in settori. La sigla C che contraddistingue i vari gruppi corrisponde a valle Camonica.
C1, settore Muffetto, comandante Giulio Mazzon (Silvio)
C2, settore Muffetto, comandante Giovanni Piero Bettoni (Orlando)
C3, settore Bazena, comandante Luigi Levi Sandri (Libero)
C4, settore Bazena, comandante Giuseppe Bonfadini (Pino)
C5, settore Pizzo Badile, comandante Filippo Piccinelli (Dario)
C6, settore Pizzo Badile, comandante Giacomo Mazzoli (Viviano)
C7, settore Pizzo Badile, comandante Gianni Guaini (Giorgio)
C8, settore Concarena, comandante Giacomo Cappellini (il maestro)
C9, settore Concarena, comandante Ermanno Grassi
C10, settore Valmalga, comandante Angelo Gulberti (Reno)
C11, settore Aprica, comandante Luigi Tosetti (Bertì)
C12, settore Aprica, comandante Clemente Tognoli (Tino)
C13, settore Aprica, comandante Antonio Schivardi (Toni)
C14, settore Muffetto- Bassinale, comandante Franco Ceriani (Paolo)
C15, settore Aprica Piz Tri, comandante Alceo Didu (Pirata- Alceo)
Il comando centrale è dislocato nella casa canonica di Cividate di don Carlo Comensoli. Il comandante è Romolo Ragnoli (Signorini, Felice, Libero Fiorentini, Vittorio), il vicecomandante è Lionello Levi Sandri (Cesare moranti o Sandro), il commissario politico il dott. Angelo Cemmi (Camillo), l’ispettore generale Enzo Petrini (Gianni o Bresciani). Luigi Ercoli provvede al collegamento con Brescia e Milano.
FORMAZIONI GARIBALDINE
54.a Brigata Garibaldi
Costituita nel mese di ottobre 1943 ed operante nel territorio dell’alta Val Camonica. Il comando ha sede in Valsaviore, il comandante militare è Parisi Antonino (Nino o Ettore Rossi), il commissario di guerra è Verginella Giuseppe (Alberto), il vice comandante militare Romelli Luigi (Bigio), il vice commissario di guerra Bogarelli Leonida (Leo), capo di stato maggiore Bazzana Bartolomeo Cesare (il Maestro).
Nucleo di polizia addetto al Comando di Brigata: Comandante Boldini Virginio (Gino), Commissario Bonomelli Giovanni (Canizza), Vicecomandante Galbassini Matteo (Matteo).
Ufficiale medico: Tentoni Franco.
Ispettore regionale militare di collegamento: Invernizzi Gabriele
Ufficiale regionale di collegamento: Sacobosi Elsa (Piera o Anita)
I servizi di collegamento sono tenuti dalle staffette Matti Rina da Cevo, Franzinelli Maria da Grevo, Bellicini Domenica da Bienno, Fostinelli Chiara da Bienno, Ballarini Gina da Bienno, Pezzotti Lina da Iseo, Rita Zenere da Fresine, Perdetti Emma da Grevo, Matti Speranza da Cevo, Bazzana Nena da Cevo.
Battaglioni
Battaglione Val Malga, comandante Romelli Luigi (Bigio)
Battaglione Cevo, comandante Regazzoli Bernardo (Culicchio)
Battaglione di Prà de Prà (Valsaviore), comandante Della Porta Donato
Battaglione di Valle, comandante Pavarini Giovanni (Barba)
Battaglione di Sellero, comandante Corbelli Lino
Battaglione di Temù, comandante Ballardini Firmo
Distaccamenti
Distaccamento di Malonno, comandante Bertoli Teofilo
Distaccamento di Borno, comandante Franzoni Daniele
Distaccamento di Paspardo, comandante Sincero Tonolini
Distaccamento di Pezzo, comandante Maculotti Benedetto
Distaccamento di Berzo Demo, comandante Baccanelli Mario
Gruppi
Gruppo di Garda, comandante Lela Domenico
Gruppo di Monte, comandante Ballarini Francesco (Cecchino)
Gruppo di Bienno, comandante Cavagnoli Palmiro
Fontana del Partigiano
Nel 2015 è stata realizzata, nei pressi di Capodiponte, la "Fontana del Partigiano".
L'opera, in granito, è stata voluta e costruita da volontari antifascisti della zona su terreno donato dalla famiglia di Cattane Giuseppe (vicecomandante del C8 di Giacomo Cappellini, nato a Cemmo il 12/09/1921 e fucilato al cimitero di Breno il 13 ottobre 1944).
La fontana intende ricordare i partigiani, le staffette e i civili che si sono "ribellati" al fascismo.
Dopo aver parcheggiato all'area camper del laghetto di Capodiponte , si raggiunge, anche a piedi, in cinque minuti, seguendo la strada intercomunale per Ono San Pietro.
La Liberazione
I percorsi
Luoghi
Pezzo - Case di Viso
Mortirolo
Losine - Cerveno
Lozio - Monti di Cerveno
Borno - Pratolungo
Bassinale
Formazioni partigiane
Fontana del Partigiano